Commette reato chi commercia prodotti alimentari non genuini e/o con etichette alterate

Commette reato chi commercia prodotti alimentari non genuini e/o con etichette alterate
09 Marzo 2018: Commette reato chi commercia prodotti alimentari non genuini e/o con etichette alterate 09 Marzo 2018

L’art. 41 della Costituzione tutela la libertà dell’iniziativa economica privata, che tuttavia non può essere esercitata in contrasto con la salute della persona, diritto garantito dall’art. 32 della Carta.

Per tale ragione il legislatore ha previsto tutta una serie di disposizioni, di natura civile, penale ed amministrativa, che regolano la produzione, il commercio e la somministrazione di prodotti alimentari, affinché le imprese che si dedicano a tali attività siano sottoposte a costanti controlli qualitativi e sanzionate nel caso in cui il loro prodotto possa risultare nocivo alla salute del consumatore.

E proprio in tema di sicurezza alimentare si è pronunciato di recente il Tribunale di Asti, sezione penale, con la sentenza n. 49/17, condannando l’amministratore di una società di commercio all’ingrosso ed al minuto di prodotti carnei per aver tentato di vendere sostanze alimentari non genuine.

Nel caso di specie, i Carabinieri del NAS avevano rilevato alcune irregolarità all’interno dei locali adibiti allo stoccaggio delle carni congelate ed, in particolare, avevano rinvenuto confezioni nelle quali l’etichetta era stata sostituita per nasconderne la scadenza originaria (risalente anche a 2-3 anni prima), prodotti detenuti in cattivo stato di conservazione (con le confezioni letteralmente “invase dal ghiaccio”), nonché ulteriori tagli di carne bovina privi di etichettatura di scadenza e contenuti in sacchetti comuni di PET non per alimenti.

Con riferimento alle confezioni di carne riportanti etichette alterate, il Tribunale astigiano ha osservato che, sebbene “il superamento della data di scadenza dei prodotti alimentari non comporta necessariamente la perdita di genuinità degli stessi” (Cass. pen., Sez. Un., 25.10.2000, n. 28, in Dir. pen. e processo 2001, 227), nel caso di specie risultava dimostrato concretamente che la singola merce aveva perso le sue qualità specifiche.

Infatti, non solo “il congelamento degli alimenti, per quanto effettuato a regola d’arte con abbattitore, non blocca sine die l’inevitabile processo di deterioramento dei cibi, limitandosi invero a rallentarlo”, ma la data di scadenza originaria rinvenuta dai NAS, risalente addirittura a 2-3 anni prima, era “tale da integrare (…) la concreta dimostrazione di una perdita delle qualità specifiche della merce” e pertanto, rendere configurabile il reato di cui agli artt. 56 e 516 c.p. (tentata vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine).

Quanto, poi, all’imputazione per il reato di cui all’art. 5, lett. b), l. n. 283/62 (vendita o detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione), in relazione al ritrovamento di confezioni di carne letteralmente “invase dal ghiaccio”, il Tribunale ha ricordato che “non è necessario accertare la sussistenza di un danno concreto per la salute o un concreto deterioramento del prodotto, in quanto, trattandosi di un reato di pericolo, è sufficiente che le modalità di conservazione possano determinare il pericolo di un tale danno o deterioramento” (Cass. pen., sez. III,  02.02.2011, n. 11996, in Diritto e Giustizia online 2011; in senso conforme: Cass. pen., sez. III, 11.03.2010, n. 15094, in Ragiusan 2010, 319-320, 188; Cass. pen., sez. III, 09.01.2007, n. 15049, in Foro it. 2008, 6, II, 348).

Pertanto, il ritrovamento delle predette confezioni, in aggiunta ad ulteriori pezzi di carne riposti all’interno di sacchetti non idonei alla conservazione degli alimenti e privi della data di scadenza, ha reso plausibile per il Tribunale “l’ipotesi di vendita senza cognizione del tempo trascorso dal congelamento e anche dopo molto tempo, specie ove si consideri la misura rinvenuta di numerosi chilogrammi, non certo smaltibili nel volgere di breve tempo, a nulla rilevando il difetto di un concreto deterioramento degli alimenti”.

Alla luce di tali risultanze, il Giudice di primo grado ha dichiarato l’imputato responsabile sia del reato di cui agli artt. artt. 56, 516 c.p. sia di quello di cui all’art. 5, lett. b), l. n. 283/1962, condannandolo alla pena di 4 mesi di reclusione.

 

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